Acciaieria Monteforno Bodio, 1995

Sudario: così titola una tra le più intense fotografie del ciclo di Roberto Raineri-Seith dedicato all'acciaieria Monteforno a Bodio. Un enorme telo, appena un poco sollevato, quasi citazione della caravaggesca “Morte della Madonna”, taglia trasversalmente l'im­magine mettendo a nudo l'inerme corpo di una macchina che la mano pietosa di un uomo aveva coperto. Tutto intorno è silenzio.

Lontano sia dal réportage aziendale sia da finalità documenta­ristiche o di archeologia industriale, l'intento del fotografo è qui racchiuso in questo suo gesto di disvelamento della faccia nas­costa e, al contempo, nel sotteso grado di antropomorfizzazione di quello che nell'economia della valle era stato un vitale corpo sociale, colto qui negli ultimi suoi momenti di vita. In effetti, macchine e fabbrica giacciono qui come dimenticate o vive di una vita limbale, già spenti i forni, ferme le turbine, a livello zero indicatori di pressione e temperatura: della frenet­ica attività di ieri rimangono solo tracce residue, scoli d'acqua, gocciolature, buchi macchie e graffiti sui muri.

Piccole ma fittissime tracce che l'occhio del fotografo coglie e fissa non senza una umana forma di pietas e di solidale partecipazione per quelle che sono le superstiti testimonianze di una vita che fu, le quali se per un verso riportano all'insostituibile lavoro dell'operaio, dall'altro ne sottolineano però anche l'ineluttabile alienità. Non una presenza umana, non un volto o un gesto dentro queste mura: davanti ai nostri occhi scorre così l'immagine del grande mostro industriale, nuovo Moloch, ormai svuotato della sua fun­zione sociale e produttiva. Il cancro della morte pare averne inesorabilmente aggredito le strutture portanti: tubi, laminati, tralicci e muri.

Da una parte quindi la fotografia come documento, come memo­ria che conservi i segni della piccola storia, le opere e i giorni di un popolo e di una valle; dall'altra la fotografia come comparteci­pazione alle sorti stesse di quella gente e di quella fabbrica. Mi pare infatti di poter affermare che Raineri-Seith guardi a questa fabbrica abbandonata con lo stesso sentimento di umana partecipazione con cui guarderebbe ad un uomo costretto alla solitudine e al silenzio: in questo senso la fabbrica non è antago­nista all'uomo, ma bensì, metonimicamente, l'elemento contiguo e a lui più prossimo. Ne sono conferma non solo gli elementi indi­viduati e fotografati, spesso con chiari riferimenti antropomorfi, dove anche un tubo puo’ assumere la stessa dignità e pienezza di una statua, ma anche, e soprattutto, l’equilibrio compositivo nel più composto dei formati, quello quadrato.

(Claudio Guarda)

Variable size archival inkjet prints, edition of 10, price information on request.

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